Il legame tra sonno e memoria è indiscutibile. Durante il risposo notturno, infatti, il cervello rielabora gli eventi della giornata selezionando le informazioni più salienti in modo che vengano trasferite dalla loro sede “temporanea” (l’ippocampo) alla memoria a lungo termine, custodita a livello corticale. Un ruolo chiave in questo processo è svolto dalle onde lente, particolari oscillazioni elettriche che attraversano il cervello durante il sonno profondo.
Ma come avviene esattamente questo trasferimento di informazioni? Fino ad oggi, i meccanismi precisi erano poco chiari, poiché studiare il flusso di informazioni nel cervello umano è estremamente complesso. Tuttavia, una nuova ricerca della Charité – Universitätsmedizin Berlin (Mittermaier et al., 2024) ha fatto luce su questo processo, utilizzando per la prima volta tessuto cerebrale umano per analizzare il ruolo delle onde lente nella formazione dei ricordi.

Cosa sono le onde lente e perché sono importanti per la memoria?
Le onde lente sono un particolare tipo di attività elettrica cerebrale che si manifesta durante il sonno profondo (fase NREM) e che si caratterizza per la presenza di oscillazioni ampie e lente, con una frequenza di circa 0,5-1 Hz (cioè una volta al secondo). Tali oscillazioni si devono al fatto che durante quella fase del sonno i neuroni corticali si sincronizzano tra loro, alternando fasi di eccitazione e inattività.
Ora, è noto da tempo che queste onde sono fondamentali per il consolidamento della memoria, dal momento che facilitano il trasferimento delle informazioni dall’ippocampo (memoria a breve termine) alla corteccia cerebrale (memoria a lungo termine). Tuttavia, non era ancora chiaro il perché.
Questo studio sembra fornire una risposta. Secondo il team, durante il sonno a onde lente la corteccia cerebrale diventa più ricettiva alle informazioni provenienti dall’ippocampo, in dipendenza dalla forza delle connessioni sinaptiche che si instaurano tra i neuroni. E, tale rafforzamento sembrerebbe avvenire in un momento ben preciso della fluttuazione della tensione elettrica, vale a dire subito dopo il passaggio da un valore minimo a un valore massimo di attività. In altre parole, esiste una finestra temporale molto specifica in cui le sinapsi – ovvero i punti di comunicazione tra i neuroni – diventano particolarmente efficaci nel trasmettere informazioni. Se in quel momento il cervello sta rievocando un ricordo proveniente dall’ippocampo, allora questo verrà consolidato con maggiore efficienza nella memoria a lungo termine.
L’esperimento
Per raggiungere questi risultati, i ricercatori hanno esaminato campioni di tessuto corticale donati da 45 pazienti sottoposti a interventi neurochirurgici.
Su di essi sono state poi riprodotte artificialmente le fluttuazioni di tensione tipiche delle onde lente in modo tale da misurare la reattività neurale attraverso la tecnica del “multipatch”, che consente di registrare l’attività di più neuroni contemporaneamente.
Tale tecnica si avvale dell’utilizzo di pipette di vetro ultra-sottili all’interno delle quali viene fatta passare della corrente elettrica che simula l’attività neurale. In tal modo è stato possibile stimolare i neuroni e registrarne in modo estremamente preciso l’attività di risposta. Ciò ha permesso di individuare il momento esatto in cui le connessioni tra queste cellule si rafforzavano.
Il risultato è stato chiaro: le sinapsi erano più efficienti proprio subito dopo il passaggio della tensione elettrica da bassa ad alta, indicando che in questo momento la corteccia cerebrale è particolarmente pronta a ricevere nuove informazioni.
Verso nuove strategie per migliorare la memoria
Questa scoperta potrebbe aprire la strada a nuove strategie per migliorare la memoria, soprattutto in condizioni di declino cognitivo, come quello che si verifica con l’invecchiamento.
Attualmente, diversi gruppi di ricerca stanno sperimentando tecniche per influenzare le onde lente del sonno e potenziarne gli effetti sulla memoria. Due metodi promettenti sono:
- Stimolazione elettrica transcranica (tES): consiste nell’applicare lievi impulsi elettrici al cervello per modulare la sua attività.
- Stimolazione acustica: utilizza suoni specifici per sincronizzare le onde cerebrali.
Finora, questi approcci sono stati sviluppati principalmente con metodi di tentativi ed errori, ma grazie ai nuovi risultati sarà possibile creare tecniche di stimolazione più mirate ed efficaci. Questa ricerca rappresenta pertanto un passo importante per comprendere in che modo il sonno rafforza i ricordi e potrebbe avere implicazioni significative per il trattamento di disturbi della memoria.
Riferimenti bibliografici
Mittermaier, R. et al. (2024). Membrane potential states gate synaptic consolidation in human neocortical tissue. Nature Communications
Rasch, B., & Born, J. (2013). About sleep’s role in memory. Physiological Reviews, 93(2), 681-766
Klinzing, J. G., Niethard, N. & Born, J. (2019). Mechanisms of systems memory consolidation during sleep. Nature Neuroscience, 22(10), 1598-1610
